Impariamo a dare il massimo in gara

Impariamo a dare il massimo in gara

Nel sondaggio che abbiamo lanciato nel primo post di questo blog (basta un clic qui per partecipare) avevamo chiesto quale tema fosse di maggiore interesse per le vostre esperienze sportive e le vostre risposte ci hanno indicato come temi più “caldi” la “concentrazione” e la “motivazione nel periodo delle competizioni”. Siccome il risultato è stato proprio un pari merito li affronteremo entrambi dando però la precedenza alla “motivazione in season”. Partiamo dalla descrizione di uno stato psico fisico che accompagna gli atleti che soffrono di più nel periodo delle gare usando proprio parole e sensazioni:

      “ho la sensazione di avere le gambe pesanti e poco reattive”;

      “mi sento molto spesso stanc@ e fatico a prendere sonno o a svegliarmi riposat@ al mattino”;

      “ho la sensazione di avere un livello energetico basso, come se facessi fatica ad attivarmi”;

      “con le tante gare ravvicinate, i viaggi e gli spostamenti continui sento la mancanza della mia routine e nel fisico avverto poca tonicità e reattività muscolare”;

      “ho la sensazione che anche l’alimentazione ne risenta, a volte ho poco appetito, a volte invece ne ho troppo e in modo improvviso”.

 Queste sensazioni sono l’effetto di uno stress psico-fisico che il tuo corpo sta facendo fatica a superare, come se il serbatoio dell’energia positiva stesse andando un po' in riserva. Ciò che rende ancora più interessante questo stato motivazionale alterato sono le reazioni psicologiche e comportamentali che si attivano in risposta a questo stato fisico:

      “andare ad allenarsi diventa una routine faticosa e ho la sensazione di non costruire nulla ma di disperdere ancora più energia”;

      “lo sport che pratico diventa meno interessante e meno piacevole, a tratti mi sento quasi obbligat@ ad andare”;

      “mi diverto meno e faccio fatica a staccare la mente tra una gara e l’altra, da una parte avrei bisogno di abbassare il ritmo dall’altra la pressione mi spinge a continuare”.

 Che succede quindi a livello psico? Per effetto della pressione e dell’urgenza di inseguire un risultato viene meno la tua motivazione intrinseca. Stai perdendo il piacere di fare sport e quelle sensazioni piacevoli che generalmente l’attività fisica dona al tuo corpo si trasformano nella necessità mentale di “dover performare al meglio”. La mente, le sue aspettative, i suoi pensieri e le sue pressioni ti distolgono dal piacere fisico dell’esercizio fisico e generalmente prevalgono “gli ordini che impartiamo al nostro corpo”. Il tuo corpo diventa uno strumento per fare una prestazione e deve essere al servizio della “mente che vuole”. Questo stato psico-fisico può accompagnare il periodo di gare e farti perdere concentrazione ed energia.

Allora che fare? Ci sono antidoti o rimedi per evitare o prevenire? Quali conseguenze ci possono essere nel lungo periodo?

La prima cosa da fare è imparare a convivere con ritmi che alterano il nostro equilibrio senza reagire in modo eccessivamente rigido: “affrontare un periodo di gare richiede capacità di adattamento a situazioni ogni volta diverse: prevedere in modo troppo rigido quello che accadrà non fa bene perché le situazioni sono ogni volta diverse”. Meglio lasciare andare un poco di tensione vivendo ogni situazione con il pensiero che “sono capace di adattarmi a ogni situazione e non ho nessun bisogno di pianificare ogni cosa nel dettaglio” oppure conquistandosi la sensazione che “sono liber@ da ogni condizionamento esterno, semplicemente saprò trovare il modo di fare le cose migliori”.

Con questo riconquistato stato d’animo stai dando fiducia alle tue capacità, migliorando autoefficacia, autostima e motivazione intrinseca.

Il secondo aspetto da tenere in considerazione è mantenere la concentrazione sulle sensazioni fisiche, entrare in contatto in modo sistematico con il proprio corpo per ricaricare il serbatoio dell’energia. Imparare ad ascoltarsi, sentire il proprio corpo e utilizzare tecniche meditative per ristabilire la connessione corpo-mente e il giusto equilibrio nella catena ipotalamo-ipofisi surrene responsabile dei cambiamenti ormonali a lungo termine.

E tu vuoi condividere la tua esperienza? Come gestisci questo stato psico fisico? Ti sei mai trovato in una situazione analoga o hai mai vissuto qualcuna di queste sensazioni?


La motivazione è definita come l'insieme dei processi di attivazione e orientamento del comportamento verso un determinato scopo (gli stati motivazionali, infatti, lo attivano e lo dirigono). È per questo che la nostra motivazione svolge fondamentalmente due funzioni: attiva e orienta comportamenti specifici e ci serve per individuare obiettivi vicini, misurabili e realizzabili.

Esistono due tipi di motivazione: quella estrinseca e quella intrinseca.

La prima si attiva quando una persona s'impegna per scopi esterni all'attività stessa, quali, ad esempio: ricevere lodi, riconoscimenti, buoni voti o per evitare situazioni spiacevoli, quali derisioni, punizioni o brutte figure.

La seconda, invece, su cui ci piace lavorare, entra in gioco quando una persona s'impegna in un'attività perché la trova stimolante e gratificante di per sé, e prova soddisfazione nel sentirsi sempre più competente. La motivazione intrinseca infatti è basata sulla curiosità, che viene attivata quando un individuo incontra caratteristiche ambientali strane, sorprendenti, nuove; in tale situazione la persona sperimenta incertezza, conflitto concettuale e sente il bisogno di esplorare l'ambiente alla ricerca di nuove informazioni e soluzioni. Ci spinge verso il bisogno di sentirci sempre più competenti e a raggiungere la cosiddetta self-efficacy.

Quando parliamo di flow, di esperienza ottimale, lavoriamo sul rinforzo della nostra motivazione intrinseca: un'attività eseguita non tanto per ottenere uno scopo, quanto per il piacere stesso di svolgere l'attività in sé. L'incentivo, ovvero il "premio", non è rappresentato dal risultato, ma dall'azione stessa.