Lo scorso 11 aprile la maratona all’aeroporto di Siena Ampugnano ha consegnato agli archivi la gara più veloce di sempre sul suolo italiano in campo femminile con il 2h20:08 di Angela Tanui e una competizione di grandissimo spessore per gli uomini, con addirittura 13 atleti sotto le 2 ore 08’. In questo contesto l’iridato di corsa in montagna long distance Francesco Puppi (Atl. Valle Brembana, FOTO di Francesca Grana), comasco, ha demolito il PB portandolo a 2h16:18, con 8 minuti di progresso: a Francesco, già “firma” sul nostro sito, abbiamo chiesto di raccontare l’esperienza toscana, con uno sguardo anche sul percorso di avvicinamento.
Qualche settimana fa, dopo aver corso il Campaccio, avevo iniziato a scrivere un articolo intitolato “Non è sempre facile” che poi ho lasciato a metà, principalmente per mancanza di tempo. Sono un grande sostenitore dell’importanza di condividere le gioie e i successi legati all’atletica tanto quanto le difficoltà, gli insuccessi, i fallimenti. Non si tratta esattamente del mantra #trusttheprocess tanto in voga nell’ultimo periodo, ma del voler raccontare tutta la realtà dietro alla vita di un atleta, non solo i momenti belli o quelli facili. Essere pienamente convinti di ciò che si sta facendo è quanto mai necessario per riuscire ad allenarsi con efficacia, ma ciò non significa che le cose possano non funzionare, che possa nascere una divergenza tra le sensazioni, le capacità del nostro corpo e ciò che avevamo programmato.
Il Campaccio non è stato un fallimento, ma un punto di passaggio in ogni caso importante verso il mio traguardo della maratona. Vederlo in prospettiva, comodamente seduto sul divano con il Mac sulle ginocchia dopo essere entrato in totale recovery mode, è decisamente più semplice rispetto a valutarlo durante il percorso. Non credo di essere il solo ad avvertire la necessità di conferme, piccoli segnali che le cose stanno andando nella direzione che vorremmo: l’orologio che ci regala qualche secondo nelle ripetute, le easy run in cui ti senti davvero easy, la brillantezza nei saliscendi della strada su cui corri un lento.
La prossima volta che preparerò una maratona avrò imparato che posso spingermi a livelli di fatica quasi intollerabili e nonostante questo, riuscire a recuperare. Basta avere il coraggio di scaricare il giusto, di non cercare verifiche del proprio stato di forma una volta che il lavoro è stato completato, di attendere che il corpo lo abbia assimilato e metabolizzato. Avrò ottenuto la conferma, ancora una volta, che non tutte le preparazioni devono essere uguali, che alla performance ci si può arrivare per vie diverse, anche se le sensazioni sembrano contraddire le risposte che ci aspettiamo.
Xiamen Marathon and Tuscany Camp Global Elite Race rimarrà un esperimento unico nel panorama del running italiano, un evento storico nel panorama della maratona mondiale. Il gruppo di 30 africani che corre alla velocità inerziale di 2:58 al km è qualcosa di difficilmente traducibile a parole. L’hype che avevamo io e il mio amico Xavi (Xavier Chevrier) prima della gara era davvero un’eccitazione febbrile: la marathon madness.
L’aeroporto di Siena-Ampugnano è composto da due hangar sgangherati e una runway di 2km. Sul suo perimetro è stato disegnato un anello di 5031m che, ripetuto 8 volte e con l’aggiunta di un paio di km di lancio, fa una maratona. In un posto dove mai penseresti di correrne una. E, invece, tra gli adattamenti impensabili a cui ci siamo abituati durante l’ultimo anno, c’è anche questo.
Sulla mia gara non ho molto da raccontare a dire il vero. Pilotato alla perfezione da Xavi sul piede di un metronomico di 3:12 al km, con un passaggio di 1h07:56 alla mezza maratona, sono transitato al km 28 insieme a un gruppo di altri 4 atleti. Da lì in poi ce la siamo giocata apertamente tra noi, non da avversari, ma da compagni di viaggio alla ricerca di un filo al quale appendersi per continuare. Basta concentrarsi sul pettorale spillato sulla schiena di un avversario per alcune decine di secondi, a volte, per rilassarsi e percepire quel ritmo infernale come leggermente più facile. Per sentire le gambe un po’ più agili e far loro dimenticare per un attimo l’incessante martellare dei piedi sull’asfalto.
La fatica cruda, spietata e convulsa a un certo punto arriva, già lo sai. Solo che sei preparato ad affrontarla, perché durante la preparazione ti sei spinto in quel territorio scomodo e transitorio dove si sviluppa e sei costretto ad abbracciarla. Così è stato, verso il km 36 quando mancava poco più di un giro. Lì ho deciso di continuare la mia gara da solo.
Pensavo di sprintare, in realtà dopo 36km il mio sforzo serviva solo a mantenere la stessa andatura. Quando l’ultimo km si è finalmente materializzato di fronte a te, sapevo che mi ci sarebbero voluti poco più di tre minuti per percorrerlo e che era davvero fatta. Ho consumato con freddezza gli ultimi attimi prima del traguardo, quelli che vorresti non finissero mai ma che se così non fosse, non li ricorderesti con la stessa stordente dolcezza. Due ore, 16 minuti e 18 secondi per completare i miei 42,195km.
Qualche dato sulla gara: 47 minimi olimpici, 60 personal best su 81 atleti al traguardo, 2 record nazionali, un all-comer record femminile in 2h20:08, 20 atleti al traguardo in meno di 2h09. La quinta posizione nel ranking World Athletics prendendo in considerazione tutte le maratone corse nel 2020-2021, dietro Valencia, Londra, Tokyo e Dubai. Il mio diario lo trovate qui. Fino alla prossima, spero possa servire come spunto a qualcuno.
Francesco Puppi