1973-2023: Mezzo Secolo di Fiasconaro-Record

1973-2023: Mezzo Secolo di Fiasconaro-Record

Oggi, martedì 27 giugno, sono passati esattamente 50 anni dall’incredibile record mondiale degli 800 di Marcello Fiasconaro che corse in 1’43”7 all’Arena di Milano e che detiene ancora il primato italiano manuale della distanza. Questa sera, nell'edizione delle ore 19:35 del TGR Lombardia su Raitre, andrà in onda un servizio sul mezzo secolo dal record di Fiasconaro realizzato in Arena con il ricordo di quella serata da parte del presidente FIDAL Lombardia Gianni Mauri. 

Tutto nasce a Formia
Avanti “March”. Viene da scherzare, come sicuramente piacerebbe a quel simpaticone di Fiasconaro, a rileggere le cronache giornalistiche di 50 anni fa per estrapolare il vero senso del record mondiale degli 800 di Marcello Fiasconaro, come se fosse solo l’effetto di una stratificazione di avvenimenti. E allora possiamo ambientare quell’”Avanti March” in quelle che alcune riviste, per spiegare lo straordinario 1’43”7 dell’Arena definirono le “prigioni di Formia”. “I fatti dimostrano – scriveva il preveggente Dante Merlo con un mese di anticipo rispetto al record –, che le lire spese per tenerlo nelle assurde “prigioni” di Formia e simili rischiavano di distruggerlo. Tornato in Sud Africa, Marcello è invece risorto. L’aria di casa e le cure di Banner lo hanno portato ormai alla soglia del record del mondo degli 800 metri”. E aggiungeva Oscar Eleni, sempre con largo anticipo: “Marcello Fiasconaro è talmente pazzo che per farci dispetto, per dimostrarci che avevamo torto, appena tornato in Sud Africa si è messo a correre tutti i giorni: un primato qui, uno là e poi magari un record del mondo. Adesso siamo tutti convinti che l’anno di “carcere” a cui era stato condannato gli ha fatto bene. E’ una nuova teoria per sbalordire il mondo. Si dice che il professor Barnard abbia sospeso i suoi studi sul cuore per trasferirsi a Formia dove studierà il problema più a fondo”. Quanto basta per dire che dietro al record mondiale di Fiasconaro ci furono proprio i duri allenamenti a Formia – soprattutto sull’erba e sulla pista interna in tennisolite per non rovinare i tendini – col professor Carlo Vittori, che poi lo accompagnò a Milano nella veste di consigliere tecnico e…cronometrista. 

Stanchezza sudafricana
La verità è che March, argento europeo del ‘71 a Helsinki quando i 400 erano la sua specialità, subito dopo il record mondiale indoor del doppio giro di pista a Genova (46”1) del 15 marzo ’72, era entrato in un tunnel di sofferenze fisiche e psicologiche per il dolore a un piede. Quella frattura gli era costata l’Olimpiade di Monaco e qualcuno aveva dubitato di una sua possibile rinascita. Ma improvvisamente nell’inverno ’73 le telescriventi dei giornali italiani avevano cominciato a inondare le redazioni di risultati ottenuti in Sud Africa che non sembravano poter appartenere a una sola persona per qualità e quantità. Fra il 20 febbraio e il 27 aprile Fiasconaro disputò 22 gare, di cui 13 negli 800 dove migliorò il record italiano con una sequenza impressionante: 1’46”4 il 26 marzo, 1’46”3 il 7 aprile, 1’45”2 il 22 aprile e 1’44”7 il 27 aprile. Solo nelle 5 gare disputate al ritorno in Italia aveva mostrato i segni della stanchezza ma il 27 maggio a Parigi con 1’45”9 si era comunque preso il lusso di battere l’argento olimpico di Monaco, il sovietico Yevhen Arzhanov. Poi le cose avevano cominciato a peggiorare e quando il 18 giugno nel confronto con Kenya e Finlandia disputato a Helsinki si era fermato al sesto posto in un misero 46”6 attorno a lui era scoppiato il finimondo. Con le gambe molli e la testa vuota, March era scappato in albergo per chiedere una chiamata internazionale in Sud Africa con l’allenatore Stewart Banner che per fortuna riuscì a scuoterlo. Il giorno dopo aveva vinto gli 800 in 1’46”3 e si era espresso in una buona frazione della 4x400.

Un mercoledì da leoni
Insomma, non c’era aria di grande impresa quando March otto giorni dopo si presentò all’Arena di Milano ma nacque un’alchimia magica fra l’ex rugbista ventiquattrenne e l’appassionato pubblico dell’Arena (che le cronache dell’epoca calcolò molto a spanne fra i 10.000 e i 20.000 spettatori) che aveva preferito l’atletica alla concomitante semifinale di coppa Italia Milan-Napoli a San Siro. Fiasconaro era un trascinatore, quasi un Alberto Tomba ante litteram, e tecnicamente seppe sfruttare al meglio la nuova pista in tartan (che per l’occasione aveva sostituito il vecchio rubkor) già nei 400 metri della prima giornata (martedì 26 giugno) quando in un significativo 45”9 sconfisse il ceco Miroslav Tulis. Peccato che, quando nella giornata storica di mercoledì 27 giugno si ripresentò all’Arena dopo un leggero pranzo, cominciasse a lamentarsi per un tremendo mal di testa, quello che lo avrebbe accompagnato fino alla partenza degli 800 slittata alle 22,30 con 20 minuti di ritardo rispetto all’orario ufficiale. 

Il record in diretta
Viviamoli in diretta quei momenti che precedono l’impresa. Doverosa una premessa tecnica: a Marcello, capace di esprimere una velocità uniformemente elevata nel primo giro di pista anche senza l’ausilio delle lepri, calzava a pennello la novità regolamentare che consentiva ai corridori di percorrere in corsia le prime due curve. E infatti fu percorrendo i primi 300 giri in corsia che Fiasconaro, quasi inconsapevolmente, creò le basi dell’impresa per battere l’1’44”3 stabilito in anni diversi da Snell, Doubell e Wottle. Eccoli i quattro rivali schierati alla partenza: Fiasconaro in prima, Plachy in seconda, Giulio Riga in terza e Kovac in quarta. Incredibile l’equilibrio di Fiasconaro nei primi 600 metri corsi in 1’01”7 con tre duecento da 25”0, 26”0 e 25”5. A quel punto al temutissimo Jozef Plachy (argento agli Europei ’69 e oro agli Euroindoor ’72), che pure pensava in una passeggiata vittoriosa sul piede dell’1’47”, non restava che guardare il rivale da lontano con lo stupore negli occhi sperando in un possibile cedimento. Invece, incredibile a dirsi, lo straordinario apparato vascolare di Marcello gli consentì di fare tutto da solo e transitare sul traguardo in 1’43”7, record del mondo migliorato di 6 decimi.  E come sempre, alla gioia senza freni degli spettatori si contrappose quella dei cronisti, mista all’ansia di doverla trascrivere in un pezzo giornalistico. Eloquente il racconto di Oscar Eleni su come si affrettò a telefonare al caporedattore di turno della Gazzetta che fece riaprire la prima edizione già chiusa e gli passò immediatamente i dimafoni per dettare l’articolo a braccio. A dimostrazione che fu una giornata di record anche per i giornalisti presenti. 

Dopo il record
Per la cronaca del dopo-record non si può che partire da un’immagine che fece il giro del mondo: Marcello, venti metri dopo il traguardo, piegato sulle gambe con gli ampi riccioli fra le dita in preda al tremendo mal di testa che non lo aveva abbandonato fin dalla partenza. Con le pulsazioni a 96, March si concesse all’abbraccio della folla e alle interviste ma sentiva soprattutto il bisogno di riempire lo stomaco. Così si fece portare velocemente in albergo dove lo attendevano spaghetti, prosciutto e melone, filetto e mezzo chilo di frutta. Non c’era molto da dormire visto che alle 7 era già prevista la partenza per Roma, tappa obbligatoria per il ritorno in Sud Africa. Il neoprimatista col suo caratteristico abbigliamento stile hawaiano e gli immancabili stivali bianchi, si presentò in perfetto orario al banco di Linate seguito dal dirigente Luciano Barra e da Oscar Eleni a cui dobbiamo i dettagli di questo racconto. In volo Fiasconaro raccolse i complimenti del comandante dell’Alitalia in mezzo a politici, manager e personaggi che poco sapevano dell’impresa ma non mancarono di applaudirlo. A Roma il programma, dopo una sosta al bar, prevedeva un incontro di ordinanza alla Fidal, poi un bagno alla piscina dell’Acquacetosa e una visita alla squadra juniores del Sud Africa in tournee in Europa prima del ritorno all’Hilton dei Parioli per una doccia vera. Per tornare in Sud Africa – dove March era atteso da Stewart Banner, suo padre e la fidanzata Sally – rimaneva il problema passaporto ma a Fiumicino la Polizia di Frontiera seppe chiudere un occhio ammettendo il passaggio anche di Sergio Liani arrivato in extremis da Catania dove era stato ospite in tv. Un volo notturno riportò a casa il neoprimatista che però vi restò solo un paio di settimane. Il resto della carriera di March sarebbe stato tormentato dagli infortuni ma il record avrebbe avuto vita lunga: tre anni quello mondiale (battuto all’Olimpiade di Montreal ’76 da Alberto Juantorena per 2 decimi), sei anni quello europeo (cancellato da Sebastian Coe a Oslo nel 1979 in 1’42”4) e ancora in vigore quello italiano anche si può ritenere intrinsecamente migliore l’1’43”74 elettrico stabilito da Andrea Longo il 3 settembre 2000 a Rieti.  Ma, come avevano scritto i cronisti dell’epoca, “la memoria dell’atletismo italiano è rimasta fissata” a quel 27 giugno di 50 anni fa, il mercoledì da leoni dell’Uomo-Cavallo.

Fausto Narducci per Fidal.it