Addio Sergio Ottolina, Guascone dello Sprint

Addio Sergio Ottolina, Guascone dello Sprint

Oggi se n'è andato un velocista che ha scritto la storia dell'atletica italiana ma anche dello sport lombardo. Pubblichiamo l'affresco tratteggiato da Fausto Narducci per Fidal.it. Alla famiglia di Sergio va l'abbraccio di tutta l'atletica della Lombardia,  a partire dal Consiglio Regionale FIDAL Lombardia e dal presidente Gianni Mauri che lo ricorda così: "Perdiamo un grandissimo atleta e un grandissimo uomo, orgoglio e amico dei tanti che hanno gareggiato con lui apprezzandone la sua personalità e il suo estro. Caro Sergio ci mancherai tantissimo". Una commemorazione civile avrà luogo martedì 2 maggio alle ore 15:30 in via Monte Santo 9 a Camnago (Varese) presso l'abitazione di Ottolina. 

Purtroppo non è uno dei suoi tanti scherzi: Sergio Ottolina, il velocista guascone che ha seminato la storia dell’atletica di imprese ma anche di indimenticabili goliardate, non c’è più. Livio Berruti ed Eddy Ottoz, per citare i compagni di avventura che sono stati ai poli opposti (rispettivamente vittima e sodale) delle sue scorribande non solo atletiche, adesso si sentiranno più soli. La notizia della sua scomparsa a ottant’anni arriva nella serata del 28 aprile. Ci sentiamo più soli tutti noi della famiglia dell’atletica perché Ottolina rimane un nome indimenticabile della nostra storia, perfino al di là del valore della sua unica medaglia importante, il bronzo agli Europei ’62 nei 200, a cui si aggiungono un argento in staffetta agli Europei indoor ’66 e tre podi ai Giochi del Mediterraneo. In un’epoca in cui le cronache erano riempite dalla sacralità dei risultati, Ottolina fu uno dei pochi a rompere il fronte: protagonista di eccessi che, però, non travalicarono mai la goliardia.

Non osiamo immaginare che personaggio sarebbe stato Ottolina oggi nell’epoca dei social. Chi frequenta i campi di atletica non si è potuto sottrarre nel tempo ai racconti delle sue imprese goliardiche diventate leggenda. Scherzi che avevano per vittima principale proprio Livio Berruti che oggi può permettersi di scherzarne quando viene intervistato ma forse all’epoca non ebbe sempre a divertirsi: dal finto matrimonio di Livio che Ottolina annunciò attraverso i finti inviti spediti per posta dalla casa di campagna del piemontese, alle scarpe riverniciate nello spogliatoio o i lanci in stile paracadutista in mezzo al campo. Sarà il caso di rispolverarli con più dettagli in questi giorni di commemorazione perché fanno parte del personaggio Ottolina.

Sicuramente la contrapposizione Berruti-Ottolina fece epoca: Livio così riservato da essere definito dal rivale “chierichetto”, Sergio così stravagante da perdere qualche volta la concentrazione per ottenere i risultati che il suo talento meritava. Diverso caratterialmente anche da Pietro Mennea che sarebbe stato il loro erede. Non per niente il lombardo aveva scelto l’atletica soprattutto per sottrarsi alle lezioni dell’Istituto religioso Gonzaga che smise di frequentare a 15 anni, indirizzato allo sprint dall’allenatore Angelo Ferrario.

Nato a Lentate sul Seveso in Brianza il 23 novembre 1942, Ottolina era stato il miglior junior italiano dei 100 nel 1960 ma si specializzò sulla distanza doppia: nel ’62 fu capace di vincere la Notturna di Milano correndo in 20.7 a soli due decimi dal primato mondiale.

Dovere cronistico impone di ricordare prima di tutto i suoi risultati, in una carriera memorabile tutta concentrata negli Anni Sessanta che lo vide vincere una medaglia di bronzo agli Europei di Belgrado del 1962 ma soprattutto stabilire uno straordinario record europeo dei 200 metri il 21 giugno 1964 a Saarbrucken con 20.4 nell’ambito dell’incontro Germania-Italia. Straordinario anche perché cancellava il record stabilito dall’amico-rivale Livio Berruti con il 20.5 che aveva permesso a Berruti di vincere semifinale e finale olimpica a Roma ‘60. Poteva essere il viatico per emulare quel rivale azzurro così diverso da lui nel carattere anche ai successivi Giochi di Tokyo ’64 ma forse proprio il carattere lo tradì: nella finale giapponese partì all’impazzata franando all’ottavo posto dopo essersi imballato nel rettilineo. Il settimo posto nella 4x100 proprio insieme a Berruti fu il suo modo di reagire.

Ci voleva ben altro per spegnere però il suo entusiasmo e, dopo la delusione degli Europei di Budapest ’66 (eliminato in semifinale con 21”5) Ottolina stabilì un altro primato importante, quello italiano dei 400 metri, che tolse a un altro grande dell’atletica, Mario Lanzi, correndo in 46.2 a Sassari il 9 maggio 1965. Ci sarebbe stato ancora il tempo per altre due finali olimpiche in staffetta (4x100 e 4x400, due settimi posti) a Città del Messico ’68 dove fu eliminato nella batteria dei 400 ma non per arrivare alla terza Olimpiade di Monaco ’72. Ad impedirgli la partecipazione fu un incidente motociclistico di cui si parlò molto: malleolo fratturato e due vertebre fuori asse proprio alla vigilia della partenza.

Ottolina non si faceva mancare niente ma lì finì solo la sua carriera atletica. Da sportivo avrebbe vinto ancora un titolo italiano di bob e anche lontano dal campo fece di tutto: istruttore alle Maldive e rappresentante di marchi sportivi, ma anche uomo-corsa al Giro d’Italia per la Gazzetta, naturalmente in moto. Perfino collaboratore giornalistico del giornale rosa prima che di lui, almeno nel mondo dell’atletica, si perdessero le tracce.

Fausto Narducci