Al di là dei sogni, l’Italia è padrona della velocità: gli azzurri sono campioni olimpici della staffetta 4x100 ai Giochi di Tokyo. Dove nessuno avrebbe osato sperare arriva un quartetto per tre quarti lombardo: dopo il lancio del sardo Lorenzo Patta (Fiamme Gialle) e un primo cambio eccellente entra in scena lì olimpionico dei 100 metri Marcell Jacobs (Fiamme Oro), bresciano, che è protagonista di una grande frazione e di un cambio perfetto con il casalasco Fausto Desalu (Fiamme Gialle), che dipinge una grandissima seconda curva di altissimo livello; in ultima frazione c’è il brianzolo Filippo Tortu, che prende il testimone da secondo e corre incontro a un destino d’oro superando la Gran Bretagna per un centesimo, con un 37.50 che sbriciola il primato italiano stabilito solo ieri a 37.95, firmando il secondo tempo di sempre in Europa e il quinto di tutti i tempi al mondo.
IL RACCONTO di Fidal.it - Gli dei della velocità parlano italiano. Siamo sulla luna, siamo i più veloci del mondo. È la serata che riscrive la storia dello sport italiano, probabilmente uno dei capolavori maggiori di ogni epoca (spetterà ad altri dirlo), perché ottenuto dal gruppo, quindi espressione di un intero movimento. Lasciano senza fiato gli azzurri, con tre cambi magistrali, quattro saette che incendiano la pista e divorano gli avversari. Forti, fortissimi. Dopo l’epopea della Giamaica, spunta il sogno inatteso e regale dell’Italia: lo sprint azzurro è padrone del mondo. Lorenzo Patta, a soli 21 anni, sardo doc, scatta dai blocchi con la faccia tosta di un veterano. È perfetto il cambio con il campione olimpico dei 100 metri Marcell Jacobs (oro bis!) che si distende alla meraviglia, scatena ogni energia rimasta, al proprio quinto turno di gara in questa Olimpiade, e consegna il bastoncino a Fausto Desalu in linea con tutte le big mondiali. Il cremonese si esalta, azzanna la curva, macina la sua frazione e lancia Filippo Tortu. Il resto dell’apoteosi lo completa il primo uomo d’Italia sotto i dieci secondi nella storia: testa a testa con il britannico Nethaneel Mitchell-Blake - partito leggermente avanti - e il campione olimpico dei 200 metri, il canadese Andre De Grasse, l’azzurro è travolgente, impressionante, senza limiti. L’oro olimpico è nostro. Vinciamo sempre noi. Ancora noi. Veloci come il vento.
Tutto il mondo ci guarda e applaude. Il quartetto azzurro impazzisce di gioia, esplode negli abbracci più avvolgenti, più folli, quattro amici da sballo. Una pazzia, sì, davvero. La squadra italiana è in visibilio, nello spicchio di curva riservato alle delegazioni: il “po po po po po po po” lo cantano tutti a squarciagola, poi allo stadio rimbomba, inevitabile, “Nel blu dipinto di blu”, quindi “Notti Magiche”, a suggellare la più grande giornata dell’atletica italiana (oro Palmisano, oro staffetta) insieme a quella del 1° agosto. E un'estate memorabile, tra Wembley, Wimbledon e Tokyo. Emozioni indescrivibili, il compimento di un percorso di crescita che negli ultimi anni aveva sciorinato segnali, per l'atletica italiana, ma non ancora il botto. Eccolo, il botto. Ed è una deflagrazione. Un rumore assordante. Mai così piacevole.
PARLANO I CAMPIONI
Marcell Jacobs: “Prima di entrare in pista, quando ci siamo guardati e abbiamo deciso il saluto all’ingresso, ci siamo guardati negli occhi e abbiamo capito che potevamo fare qualcosa di incredibile. Ci abbiamo creduto, è qualcosa di fantastico. Tokyo mi sta regalando tantissimo, per me è il secondo oro, chi se lo sarebbe mai aspettato. Abbiamo fatto un grandissimo lavoro, con tutti, con gli altri staffettisti che sono qui a Tokyo e con chi è rimasto a casa e sta facendo il tifo. È un percorso lungo che ci ha portato fino a qua, siamo sul tetto del mondo. Grazie a tutti gli italiani che ci hanno sostenuto, grazie per questo sogno che mi state regalando”.
Filippo Tortu: “Difficile parlare della mia frazione e non di noi, la staffetta si corre in quattro. Grazie al prof. Filippo Di Mulo e a Giorgio Frinolli che ci hanno seguito in questi anni. A tutti i compagni, a Manenti, Polanco e Infantino che sono qui, a Cattaneo e Rigali che sono a casa. Quando sono partito ho visto che il britannico era a fianco. Ho pensato solo a stare rilassato. Sapevo che se l’avessi fatto l’avrei preso e superato. Ero più lucido, mentre correvo che quando ho tagliato il traguardo, perché non potevo credere che era successo davvero. Ho chiesto ai compagni se era vero, che avevamo vinto noi. Poi quando ho visto Italia sul tabellone, il tempo non l’ho nemmeno guardato. È stratosferico, ma non mi interessa. È l’emozione più bella che si possa immaginare. E la cosa più bella sarà cantare l’inno domani”.
Fausto Desalu: “Siamo un bel gruppo, abbiamo lavorato tanto. Quello che ha fatto la differenza, quel centesimo di secondo, è il grande gruppo che ci unisce, che è una cosa fantastica. Ci siamo detti l’uno con l’altro: ‘ti fidi di me?’ e ci siamo risposti: ‘sì, e pensavi che ti dicessi di no? Crediamoci, perché può succedere’... E l’abbiamo fatto!”.