Neanche una pioggia copiosa ed incessante che tambureggiava sulla tensostruttura del Pala Bertelli di San Giorgio su Legnano (Milano) è riuscita a tenere lontani circa 150 allenatori dal tradizionale appuntamento tecnico che gli organizzatori del Campaccio da sempre propongono alla vigilia. “Forza per resistere o tutto merito delle superscarpe?” questo il titolo del convegno e questo il tema su cui hanno dato il loro contributo Francisco Perez Cutino, Jacob Larsen, Gaspare Pavei e Luigi Ferraris. A tessere le fila dei loro interventi il direttore tecnico della Nazionale Antonio La Torre, che ha aperto il pomeriggio introducendo i relatori e facendo il punto su questi due temi: “Sviluppare le capacità di forza del mezzofondista ed esplorare le nuove frontiere date dalle nuove scarpe ipertecnologiche sono strade da battere entrambe. Da una parte è impossibile pensare di poter mantenere l’efficienza del gesto tecnico, cioè la corsa, per oltre due ore senza un’adeguata preparazione muscolare specifica. Dall’altra è innegabile che il contributo di questa nuova generazione di calzature ha cambiato gli scenari e spinto in avanti le prestazioni. Questa opportunità deve essere colta e da oggi dobbiamo considerare le scarpe con cui corriamo, su strada ma anche su pista, non più abbigliamento sportivo ma attrezzatura sportiva, come possono esserlo gli sci nelle gare su neve”.
Il tema dell’allenamento della forza è stato trattato da Francisco Perez Cutino, che ha introdotto il tema della “durability” come evoluzione del concetto di resilienza, che consiste nella capacità di preservare l’efficienza dei parametri della corsa durante tutto l’arco della prestazione. La durability deve essere costruita in allenamento, consapevoli che, date determinate caratteristiche atletiche e dato un certo livello di preparazione muscolare, ogni atleta tende a trovare in modo naturale un “compromesso” tra ampiezza e frequenza di passo che massimizzi l’economicità dell’avanzamento, con uno scarto che studi scientifici attestano al massimo al 2%. Per preservare questo rapporto frequenza-ampiezza per tempi di corsa prolungati è però importante dedicare allenamenti specifici allo sviluppo della forza necessaria per fronteggiare l’insorgere della fatica. La corsa è un movimento asimmetrico ed in cui non si ha mai un doppio appoggio al suolo; quindi, partendo da mezzi di allenamento aspecifici (come lo squat) è opportuno ricondurre la preparazione della forza a mezzi più specifici, sagittali e monopodalici (affondi, step up, balzi eccetera). In questo processo l’atleta non ha un ruolo “passivo”, cioè di mero esecutore, ma deve interpretare l’orientamento alla specificità in ogni proposta allenante, perché il suo coinvolgimento e la sua consapevolezza amplificano il tranfert e quindi l’efficacia di questo tipo di approccio.
Dopo il suo intervento è stata la volta di Jacob Larsen, collegato in videoconferenza da Montecarlo, che ha tracciato un quadro delle nuove opportunità, commerciali e di visibilità, che si potrebbero prospettare negli scenari futuri. In particolare, oltre alla tradizionale attività su strada e su pista, ci si auspica un maggior impulso dalle campestri e dalla corsa in montagna, a patto di trovare vie per essere più accattivanti nei confronti del grande pubblico.
Molto interessante anche la presentazione della coppia di relatori Gaspare Pavei-Luigi Ferraris, dal titolo “Le ali ai piedi? Tra credenze ed evidenze, i reali benefici delle super shoes”. Dopo una serie di dati presentati da Pavei, che mettevano in evidenza le caratteristiche di un innegabile balzo in avanti dei livelli prestativi, sia nelle medie sia nelle punte, dati dalle super scarpe di ultima generazione, si è entrati nello specifico mettendo in evidenza l’estrema variabilità dei miglioramenti, che possono arrivare al 7% della prestazione ma in alcuni casi possono essere anche nulli. È stata poi la volta di Luigi Ferraris che ci ha “svelato i segreti” di questo tipo di calzature, spiegando che non esiste un prodotto migliore di un altro in assoluto, ma a seconda dell’atleta cambia l’incidenza sulla prestazione delle diverse caratteristiche della scarpa. Essa è un’alchimia che si gioca essenzialmente su sei parametri: altezza dell’intersuola (che comunque è stata regolamentata), tipo di schiuma dell’intersuola (che a seconda delle esigenze può avere diversi coefficienti di restituzione dell’energia), ovviamente il tipo di materiale della piastra (carbonio o altro), peso della scarpa stessa (che a livello periferico incide non poco sul livello di VO2 max e ormai le case produttrici stanno per realizzare prodotti al di sotto dei 100 grammi), resistenza alla flessione ed effetto catapulta (determinato dalla curvatura della piastra).
I relatori hanno convenuto che il reale impatto delle super shoes è ancora da comprendere appieno: servono anche nelle fasce amatoriali? Come districarsi nella jungla di prodotti, tenuto conto dei succitati parametri, per far scegliere le scarpe ai propri atleti? Sono da usare con parsimonia in allenamento (tenuto conto del diverso tipo di stress che il loro uso comporta) o sono da usare massicciamente (essendoci evidenze che i tempi di recupero tra gli allenamenti rispetto alle calzature classiche è inferiore, e quindi consentono di aumentare il carico di allenamento)? Quello che è certo, come ha chiosato Antonio La Torre, è che sia la lunghezza della curvatura (che amplifica l’effetto catapulta) sia la rigidità, o stifness (che determina l’entità e i tempi di restituzione dell’energia dal suolo) dipendono dal livello di forza dell’atleta ed in tal senso l’organizzazione di un convegno che affrontasse congiuntamente i due argomenti, le superscarpe e la forza che serve per sfruttarne le potenzialità, era un passaggio dovuto per la comprensione di tutti gli aspetti di questo tema.
Gian Mario Castaldi
Foto Sportmedia.es
(l'articolo è disponibile anche sul sito dell'Area Studi e Documentazione Lombardia)
Materiale del convegno
>> Senza forza resisti meno. Nuove tendenze ed evidenze nello sviluppo dei fattori muscolari nell’endurance di Francisco Pérez Cutiño
>> Le ali ai piedi? Tra credenze ed evidenze, i reali benefici delle “super shoes“ di Gaspare Pavei e Luigi Ferraris